Categoria: Languages
Created by: Davide.Loi
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I suffissi sono morfemi, sia di tipo derivazionale che grammaticale (o flessionale), che invece di precedere la radice della parola, come accade per i prefissi, la seguono collocandosi "in coda". Ad esempio i suffissi flessionali -o, -i, -a, -e, a seconda del contesto di parola in cui sono inseriti, possono integrare grammaticalmente il significato della radice, conferendole il significato aggiuntivo relativo a numero e genere dell'oggetto in questione: singolare o plurale, maschile o femminile (gatto, gatti, gatta, gatte). Suffissi derivazionali sono, ad esempio, -mente (utilizzato per la creazione di avverbi: lent + mente: lentamente) ed -ezza (utilizzato per creare sostantivi indicanti la qualità descritta dall'aggettivo equivalente: bello → bellezza; alto → altezza, ecc.).
I suffissi sono morfemi, sia di tipo derivazionale che grammaticale (o flessionale), che invece di precedere la radice della parola, come accade per i prefissi, la seguono collocandosi "in coda". Ad esempio i suffissi flessionali -o, -i, -a, -e, a seconda del contesto di parola in cui sono inseriti, possono integrare grammaticalmente il significato della radice, conferendole il significato aggiuntivo relativo a numero e genere dell'oggetto in questione: singolare o plurale, maschile o femminile (gatto, gatti, gatta, gatte). Suffissi derivazionali sono, ad esempio, -mente (utilizzato per la creazione di avverbi: lent + mente: lentamente) ed -ezza (utilizzato per creare sostantivi indicanti la qualità descritta dall'aggettivo equivalente: bello → bellezza; alto → altezza, ecc.).
In base alla posizione che, rispetto alla radice, un morfema occupa all'interno della parola di cui fa parte, esso può essere detto prefisso o suffisso. Se il morfema in questione precede la radice esso è detto prefisso. In italiano tutti i prefissi sono di tipo derivazionale, ovvero possono cambiare il significato della radice di partenza comportando, non sempre, anche un cambio di categoria grammaticale (il cambio di categoria grammaticale, infatti, è più frequente con i suffissi, morfemi che seguono la radice anziché precederla). La derivazione è uno dei processi endogeni con cui una lingua può arricchirsi di parole nuove e ampliare così il proprio lessico. Un esempio di prefissazione in italiano è il seguente: il prefisso in-, all'interno della parola inutile, ha la funzione di invertire completamente il significato della radice util-,configurandosi come una negazione del significato veicolato dalla radice: non utile(i).
In base alla posizione che, rispetto alla radice, un morfema occupa all'interno della parola di cui fa parte, esso può essere detto prefisso o suffisso. Se il morfema in questione precede la radice esso è detto prefisso. In italiano tutti i prefissi sono di tipo derivazionale, ovvero possono cambiare il significato della radice di partenza comportando, non sempre, anche un cambio di categoria grammaticale (il cambio di categoria grammaticale, infatti, è più frequente con i suffissi, morfemi che seguono la radice anziché precederla). La derivazione è uno dei processi endogeni con cui una lingua può arricchirsi di parole nuove e ampliare così il proprio lessico. Un esempio di prefissazione in italiano è il seguente: il prefisso in-, all'interno della parola inutile, ha la funzione di invertire completamente il significato della radice util-,configurandosi come una negazione del significato veicolato dalla radice: non utile(i).
Un morfema è un'entità linguistica corrispondente al livello d'analisi della morfologia e i suoi confini costitutivi non sono determinati da elementi formali (livello del significante) quanto dal significato veicolato e "contenuto" nel morfema. Ad esempio nella parola gatto il morfema gatt- corrisponde alla radice ed è un morfema lessicale. Esso veicola infatti il significato di "animale a quattro zampe, felino, dotato di coda, ecc. ecc.", e in sostanza richiama alla mente l'idea di gatto che, nel corso degli anni, ci siamo formati e abbiamo appreso. Al contrario, il morfema -o che chiude la parola, è un morfema grammaticale il quale veicola due significati: il numero (ovvero di quanti gatti parliamo) e il genere (maschile o femminile). Il morfema grammaticale -o può essere infatti sostituito dal morfema -a (femminile-singolare), dal morfema -i (maschile-plurale) oppure dal morfema -e (femminile-plurale) variando così la componente di significato relativa al genere e al numero della parola. Da notare che, presso altre lingue diverse dall'italiano, esiste anche il genere neutro (ad es. nel tedesco) e di conseguenza esistono i morfemi grammaticali corrispondenti deputati a veicolare questo tipo di significato. Una particolarità dell'arabo è invece la presenza, oltre al singolare e al plurale, di un altro numero: è il caso del duale, il quale serve ad indicare una coppia di elementi dello stesso tipo o natura (due uomini, due donne, due cani, due gatti, ecc.). Esistono inoltre morfemi che sono in grado di cambiare la categoria grammaticale della parola di partenza. Se a partire dalla radice lent- posso formare gli aggettivi lento, lenti, lenta o lente (aggiungendovi i morfemi grammaticali o flessionali corrispondenti), aggiungendo il morfema -mente posso invece creare un avverbio che indica la modalità con cui, ad esempio, si svolge una determinata azione: lentamente. In questo caso si parla di morfema derivazionale.
Un morfema è un'entità linguistica corrispondente al livello d'analisi della morfologia e i suoi confini costitutivi non sono determinati da elementi formali (livello del significante) quanto dal significato veicolato e "contenuto" nel morfema. Ad esempio nella parola gatto il morfema gatt- corrisponde alla radice ed è un morfema lessicale. Esso veicola infatti il significato di "animale a quattro zampe, felino, dotato di coda, ecc. ecc.", e in sostanza richiama alla mente l'idea di gatto che, nel corso degli anni, ci siamo formati e abbiamo appreso. Al contrario, il morfema -o che chiude la parola, è un morfema grammaticale il quale veicola due significati: il numero (ovvero di quanti gatti parliamo) e il genere (maschile o femminile). Il morfema grammaticale -o può essere infatti sostituito dal morfema -a (femminile-singolare), dal morfema -i (maschile-plurale) oppure dal morfema -e (femminile-plurale) variando così la componente di significato relativa al genere e al numero della parola. Da notare che, presso altre lingue diverse dall'italiano, esiste anche il genere neutro (ad es. nel tedesco) e di conseguenza esistono i morfemi grammaticali corrispondenti deputati a veicolare questo tipo di significato. Una particolarità dell'arabo è invece la presenza, oltre al singolare e al plurale, di un altro numero: è il caso del duale, il quale serve ad indicare una coppia di elementi dello stesso tipo o natura (due uomini, due donne, due cani, due gatti, ecc.). Esistono inoltre morfemi che sono in grado di cambiare la categoria grammaticale della parola di partenza. Se a partire dalla radice lent- posso formare gli aggettivi lento, lenti, lenta o lente (aggiungendovi i morfemi grammaticali o flessionali corrispondenti), aggiungendo il morfema -mente posso invece creare un avverbio che indica la modalità con cui, ad esempio, si svolge una determinata azione: lentamente. In questo caso si parla di morfema derivazionale.
Rappresentazione grafica di un fonema nell'ambito del linguaggio scritto. Nella maggior parte dei casi i grafemi corrispondono alle lettere dell'alfabeto di una certa lingua naturale. Da notare che non sempre a un singolo suono dotato di valore distintivo (fonema) corrisponde un grafema composto da un unico simbolo grafico. Ad esempio, in italiano, il fonema rappresentato graficamente dalla somma delle lettere g + l + i proprio della parola aglio viene rappresentato, secondo l'alfabeto ipa, da un solo simbolo: ʎ. A un singolo fonema (ʎ) corrisponde quindi, in italiano, un grafema complesso composto da tre simboli grafici diversi: g + l + i.
Rappresentazione grafica di un fonema nell'ambito del linguaggio scritto. Nella maggior parte dei casi i grafemi corrispondono alle lettere dell'alfabeto di una certa lingua naturale. Da notare che non sempre a un singolo suono dotato di valore distintivo (fonema) corrisponde un grafema composto da un unico simbolo grafico. Ad esempio, in italiano, il fonema rappresentato graficamente dalla somma delle lettere g + l + i proprio della parola aglio viene rappresentato, secondo l'alfabeto ipa, da un solo simbolo: ʎ. A un singolo fonema (ʎ) corrisponde quindi, in italiano, un grafema complesso composto da tre simboli grafici diversi: g + l + i.
Quando un fono è stato selezionato da una lingua naturale per avere un valore distintivo (e creare quindi parole diverse con diversi significati) esso diventa una fonema, ovvero ha funzione di fonema. Questo processo di "specializzazione" del fono è detto pertinentizzazione. In italiano, ad esempio, la parola ['mare] è composta da quattro fonemi. Il fonema [m] è tale in quanto, rispetto al fonema [p], distingue il sostantivo ['mare] dal verbo ['pare]. Se, invece, io pronuncio la [a] di mare aperta o chiusa, il significato della parola non cambia e questi due foni ([a] centrale e [ae] anteriore) non hanno valore distintivo, non sono pertinenti e non sono pertanto, in questo caso, dei fonemi. Un caso vocalico di foni dotati di valore distintivo e perciò classificabili, in italiano, come fonemi è, ad esempio, il seguente: fóro con /o/ chiusa (trascriz. fonematica: ['foro]) e fòro con /Ͻ/ aperta (trascriz. fonematica: ['fϽro]). La prima parola indica una cavità di forma cilindrica, la seconda uno spazio fisico deputato ad assolvere a particolari funzioni.
Quando un fono è stato selezionato da una lingua naturale per avere un valore distintivo (e creare quindi parole diverse con diversi significati) esso diventa una fonema, ovvero ha funzione di fonema. Questo processo di "specializzazione" del fono è detto pertinentizzazione. In italiano, ad esempio, la parola ['mare] è composta da quattro fonemi. Il fonema [m] è tale in quanto, rispetto al fonema [p], distingue il sostantivo ['mare] dal verbo ['pare]. Se, invece, io pronuncio la [a] di mare aperta o chiusa, il significato della parola non cambia e questi due foni ([a] centrale e [ae] anteriore) non hanno valore distintivo, non sono pertinenti e non sono pertanto, in questo caso, dei fonemi. Un caso vocalico di foni dotati di valore distintivo e perciò classificabili, in italiano, come fonemi è, ad esempio, il seguente: fóro con /o/ chiusa (trascriz. fonematica: ['foro]) e fòro con /Ͻ/ aperta (trascriz. fonematica: ['fϽro]). La prima parola indica una cavità di forma cilindrica, la seconda uno spazio fisico deputato ad assolvere a particolari funzioni.
Si dice fono ogni suono potenzialmente producibile dall'apparato fonatorio umano, e inscrivibile in una delle tabelle elaborate dalla comunità internazionale dei linguisti per la rappresentazione dei foni (alfabeto IPA). Non tutte le lingue naturali utilizzano tutti i foni potenzialmente producibili dall'apparato fonatorio umano. Al contrario, la maggior parte di esse ne hanno, nel corso del tempo, selezionati alcuni dotandoli di valore distintivo e pertinente: in quel caso di dice che i foni funzionano da fonemi.
Si dice fono ogni suono potenzialmente producibile dall'apparato fonatorio umano, e inscrivibile in una delle tabelle elaborate dalla comunità internazionale dei linguisti per la rappresentazione dei foni (alfabeto IPA). Non tutte le lingue naturali utilizzano tutti i foni potenzialmente producibili dall'apparato fonatorio umano. Al contrario, la maggior parte di esse ne hanno, nel corso del tempo, selezionati alcuni dotandoli di valore distintivo e pertinente: in quel caso di dice che i foni funzionano da fonemi.
Una varietà di lingua è un insieme di tratti linguistici co-occorrenti e motivati che ricorrono nel parlato di un singolo individuo o di una comunità linguistica. Una varietà può quindi essere tale e venire determinata da ragioni diafasiche (legate alla situazione comunicativa: variazione del registro stilistico sull'asse della formalità/informalità), diastratiche (potenzialmente stesso tipo di variazione, ma non controllabile dal parlante che non è in grado di scegliere la varietà di lingua più opportuna in quanto dispone di un repertorio limitato) o diatopiche (italiano regionale: in questo caso il tratto condiviso che accomuna i parlanti che condividono una stessa varietà e l'origine geografica). La varietà di lingua è quindi quell'oggetto linguistico definito e costituito a partire dal fenomeno della variazione. Va da sé che una varietà di lingua con caratteristiche di diatopia (tratti regionali o locali) può connotarsi poi sul piano diastratico se viene per lo più utilizzata da membri appartenenti a una certa classe sociale. Un punto di riferimento fondamentale per determinare il tipo di variazione prevalente che caratterizza una certa varietà è quindi sempre il parlante o la comunità linguistica di riferimento.
Una varietà di lingua è un insieme di tratti linguistici co-occorrenti e motivati che ricorrono nel parlato di un singolo individuo o di una comunità linguistica. Una varietà può quindi essere tale e venire determinata da ragioni diafasiche (legate alla situazione comunicativa: variazione del registro stilistico sull'asse della formalità/informalità), diastratiche (potenzialmente stesso tipo di variazione, ma non controllabile dal parlante che non è in grado di scegliere la varietà di lingua più opportuna in quanto dispone di un repertorio limitato) o diatopiche (italiano regionale: in questo caso il tratto condiviso che accomuna i parlanti che condividono una stessa varietà e l'origine geografica). La varietà di lingua è quindi quell'oggetto linguistico definito e costituito a partire dal fenomeno della variazione. Va da sé che una varietà di lingua con caratteristiche di diatopia (tratti regionali o locali) può connotarsi poi sul piano diastratico se viene per lo più utilizzata da membri appartenenti a una certa classe sociale. Un punto di riferimento fondamentale per determinare il tipo di variazione prevalente che caratterizza una certa varietà è quindi sempre il parlante o la comunità linguistica di riferimento.
Un repertorio linguistico è un insieme di varietà di lingua o di diverse lingue naturali (bilinguismo) possedute e padroneggiate da un gruppo umano identificabile e circoscrivibile come comunità linguistica. I membri di una comunità linguistica sono tali in quanto condividono uno stesso insieme di risorse linguistiche. Il repertorio linguistico non comprende però solamente le lingue o varietà di lingua padroneggiate da un gruppo, ma anche le regole sociolinguistiche che sottendono al loro utilizzo: appropriatezza rispetto al contesto, formalità o informalità della varietà prescelta per comunicare, attinenza semantica all'argomento di discussione, ecc. ecc. Quando si fa riferimento alle capacità e conoscenze linguistiche di un singolo individuo si preferisce specificare ciò parlando di repertorio linguistico individuale: tutte le conoscenze e competenze linguistiche che il soggetto possiede, nonché la conoscenza delle regole sociolinguistiche che ne determinano le scelte in termini di diafasia (scelta del registro linguistico appropriato) o diamesia (scelte linguistiche determinate dal mezzo prescelto per comunicare).
Un repertorio linguistico è un insieme di varietà di lingua o di diverse lingue naturali (bilinguismo) possedute e padroneggiate da un gruppo umano identificabile e circoscrivibile come comunità linguistica. I membri di una comunità linguistica sono tali in quanto condividono uno stesso insieme di risorse linguistiche. Il repertorio linguistico non comprende però solamente le lingue o varietà di lingua padroneggiate da un gruppo, ma anche le regole sociolinguistiche che sottendono al loro utilizzo: appropriatezza rispetto al contesto, formalità o informalità della varietà prescelta per comunicare, attinenza semantica all'argomento di discussione, ecc. ecc. Quando si fa riferimento alle capacità e conoscenze linguistiche di un singolo individuo si preferisce specificare ciò parlando di repertorio linguistico individuale: tutte le conoscenze e competenze linguistiche che il soggetto possiede, nonché la conoscenza delle regole sociolinguistiche che ne determinano le scelte in termini di diafasia (scelta del registro linguistico appropriato) o diamesia (scelte linguistiche determinate dal mezzo prescelto per comunicare).
Una comunità linguistica è un insieme di individui che, per i tratti linguistici e sociali che li caratterizzano, possono essere considerati simili, costituendosi pertanto come un gruppo. Quello di comunità linguistica è un concetto elastico, che può essere definito a partire da due posizioni opposte, e può pertanto essere adattato alle finalità specifiche di una determinata ricerca linguistica o sociolinguistica. Possiamo infatti determinare la nostra c. l. di riferimento a partire dai tratti sociali o socioeconomici che contraddistinguono gli elementi di un gruppo, e ricercare poi i tratti linguistici condivisi che lo caratterizzano. Al contrario, seguendo il percorso inverso, possiamo selezionare dei tratti linguistici comuni e verificare poi, all'interno del gruppo umano così delineato, se vi siano dei tratti sociali condivisi.
Una comunità linguistica è un insieme di individui che, per i tratti linguistici e sociali che li caratterizzano, possono essere considerati simili, costituendosi pertanto come un gruppo. Quello di comunità linguistica è un concetto elastico, che può essere definito a partire da due posizioni opposte, e può pertanto essere adattato alle finalità specifiche di una determinata ricerca linguistica o sociolinguistica. Possiamo infatti determinare la nostra c. l. di riferimento a partire dai tratti sociali o socioeconomici che contraddistinguono gli elementi di un gruppo, e ricercare poi i tratti linguistici condivisi che lo caratterizzano. Al contrario, seguendo il percorso inverso, possiamo selezionare dei tratti linguistici comuni e verificare poi, all'interno del gruppo umano così delineato, se vi siano dei tratti sociali condivisi.
Il mutamento linguistico, detto anche cambio o cambiamento linguistico, è un fenomeno che interessa le lingue naturali a qualsiasi livello di analisi. Può avvenire infatti sia sul piano fonetico che su quello fonologico, morfologico, lessicale, sintattico o semantico. Ciò nonostante i mutamenti più osservati e analizzati sono quelli che interessano il piano fonologico o fonematico, e riguardano cioè i foni dotati di valore distintivo, o pertinente, all'interno di un sistema linguistico. Il mutamento linguistico è una variazione diacronica della lingua, ovvero interessa il divenire del sistema linguistico nel corso del tempo. Risulta pertanto chiaro come una variazione di tipo diastratico o diatopico possa poi venire assorbita dal registro standard di una lingua, ed assumere quindi una maggiore estensione sia geografica che sociale per quanto riguarda il proprio utilizzo. Quando questo si verifica e vi è, pertanto, un passaggio della variazione dall'asse sincronico (letteralmente "nello stesso momento", o "nello stesso tempo") a quello diacronico con affermazione nella lingua standard dell'avvenuta trasformazione, siamo in presenza di un m. l. Il mutamento linguistico è soprattutto oggetto d'analisi della linguistica storica, che studia appunto la variazione linguistica in diacronia, oltre alle eventuali parentele tra lingue naturali differenti.
Il mutamento linguistico, detto anche cambio o cambiamento linguistico, è un fenomeno che interessa le lingue naturali a qualsiasi livello di analisi. Può avvenire infatti sia sul piano fonetico che su quello fonologico, morfologico, lessicale, sintattico o semantico. Ciò nonostante i mutamenti più osservati e analizzati sono quelli che interessano il piano fonologico o fonematico, e riguardano cioè i foni dotati di valore distintivo, o pertinente, all'interno di un sistema linguistico. Il mutamento linguistico è una variazione diacronica della lingua, ovvero interessa il divenire del sistema linguistico nel corso del tempo. Risulta pertanto chiaro come una variazione di tipo diastratico o diatopico possa poi venire assorbita dal registro standard di una lingua, ed assumere quindi una maggiore estensione sia geografica che sociale per quanto riguarda il proprio utilizzo. Quando questo si verifica e vi è, pertanto, un passaggio della variazione dall'asse sincronico (letteralmente "nello stesso momento", o "nello stesso tempo") a quello diacronico con affermazione nella lingua standard dell'avvenuta trasformazione, siamo in presenza di un m. l. Il mutamento linguistico è soprattutto oggetto d'analisi della linguistica storica, che studia appunto la variazione linguistica in diacronia, oltre alle eventuali parentele tra lingue naturali differenti.
Contrariamente alla variazione sincronica la variazione diacronica è quella variazione linguistica determinata dal fattore tempo e dai mutamenti linguistici che lo scorrere degli anni e dei secoli può produrre sugli usi e costumi linguistici di una comunità linguistica. Il mutamento linguistico così prodotto è oggetto di studio specifico della linguistica storica e della filologia (che si occupa soprattutto dello studio di testi scritti).
Contrariamente alla variazione sincronica la variazione diacronica è quella variazione linguistica determinata dal fattore tempo e dai mutamenti linguistici che lo scorrere degli anni e dei secoli può produrre sugli usi e costumi linguistici di una comunità linguistica. Il mutamento linguistico così prodotto è oggetto di studio specifico della linguistica storica e della filologia (che si occupa soprattutto dello studio di testi scritti).
Si parla di variazione sincronica quando si ha a che fare con tutti quei tipi di variazione (diastratica, diatopica, diafasica e diamesica) non dipendenti dalla variabile tempo. Studiare la variazione di una lingua naturale in sincronia significa osservare le diverse varietà di lingua esistenti per quel dato sistema linguistico in uno stesso momento, sia sull'asse diatopico, che diastratico, diamesico o diafasico.
Si parla di variazione sincronica quando si ha a che fare con tutti quei tipi di variazione (diastratica, diatopica, diafasica e diamesica) non dipendenti dalla variabile tempo. Studiare la variazione di una lingua naturale in sincronia significa osservare le diverse varietà di lingua esistenti per quel dato sistema linguistico in uno stesso momento, sia sull'asse diatopico, che diastratico, diamesico o diafasico.
La variazione diamesica è quella che dipende dal mezzo utilizzato per comunicare. Ad esempio, due parlanti, per comunicare, possono scegliere di utilizzare il canale orale. Avremo così, in questo caso, una comunicazione faccia a faccia "classica" e il linguaggio utilizzato dai due parlanti può essere definito, per utilizzare l'etichetta coniata da Giovanni Nencioni, "parlato-parlato". In alternativa parlante A e parlante B possono scegliere di comunicare attraverso messaggi scritti (ad esempio tramite lettera o email) e, in questo caso, la scelta del canale potrà comportare anche variazioni di registro (vedi variazione diafasica) sull'asse di una maggiore o minore formalità del messaggio. Ciò nonostante vari fattori, anche in questo caso, si possono intersecare e, infatti, i nuovi mezzi di comunicazione, quali email e chat, hanno creato codici "ibridi" di comunicazione, dove si verifica la coesistenza di tratti formali legati sia al canale orale che a quello scritto della comunicazione. Altri mezzi di comunicazione che possono influenzare le forme linguistiche utilizzate sono il canale televisivo, quello radiofonico o quello telefonico.
La variazione diamesica è quella che dipende dal mezzo utilizzato per comunicare. Ad esempio, due parlanti, per comunicare, possono scegliere di utilizzare il canale orale. Avremo così, in questo caso, una comunicazione faccia a faccia "classica" e il linguaggio utilizzato dai due parlanti può essere definito, per utilizzare l'etichetta coniata da Giovanni Nencioni, "parlato-parlato". In alternativa parlante A e parlante B possono scegliere di comunicare attraverso messaggi scritti (ad esempio tramite lettera o email) e, in questo caso, la scelta del canale potrà comportare anche variazioni di registro (vedi variazione diafasica) sull'asse di una maggiore o minore formalità del messaggio. Ciò nonostante vari fattori, anche in questo caso, si possono intersecare e, infatti, i nuovi mezzi di comunicazione, quali email e chat, hanno creato codici "ibridi" di comunicazione, dove si verifica la coesistenza di tratti formali legati sia al canale orale che a quello scritto della comunicazione. Altri mezzi di comunicazione che possono influenzare le forme linguistiche utilizzate sono il canale televisivo, quello radiofonico o quello telefonico.
La variazione diastratica di una lingua naturale è forse il tipo di variazione più complessa che si possa prendere in considerazione, in quanto le variabili indipendenti che la possono influenzare o determinare sono molteplici. Essa è il principale oggetto di studio della sociolinguistica e, tra i fattori principali che possono determinare una variazione linguistica su questo asse vi sono: classe sociale del parlante, professione svolta, livello d'istruzione, classe generazionale (età), sesso o genere. Come si può notare questi stessi fattori dipendono molto strettamente l'uno dall'altro, così il livello d'istruzione di un parlante potrà dipendere anche (ma non è detto che lo sia) dalla classe sociale cui egli appartiene e, indirettamente, dalla professione svolta dai genitori da cui, a sua volta, può dipendere la condizione economica del nucleo famigliare di appartenenza. I vari assi di variazione tendono poi a incrociarsi uno con l'altro, pertanto fattori di variazione diastratica possono intersecarsi, ad esempio, con fattori di variazione diafasica: un parlante maggiormente istruito avrà a propria disposizione un ventaglio più ampio di soluzioni linguistiche per la realizzazione dei propri scopi comunicativi nei propri domini o nelle situazioni comunicative in cui si trova immerso. Al contrario, un parlante meno istruito avrà a propria disposizione una minor conoscenza sia della lingua standard ma anche una minore padronanza, ad esempio, di linguaggi settoriali relativi a specifici campi del sapere umano, vedendo così ridotte le proprie possibilità comunicative ed espressive.
La variazione diastratica di una lingua naturale è forse il tipo di variazione più complessa che si possa prendere in considerazione, in quanto le variabili indipendenti che la possono influenzare o determinare sono molteplici. Essa è il principale oggetto di studio della sociolinguistica e, tra i fattori principali che possono determinare una variazione linguistica su questo asse vi sono: classe sociale del parlante, professione svolta, livello d'istruzione, classe generazionale (età), sesso o genere. Come si può notare questi stessi fattori dipendono molto strettamente l'uno dall'altro, così il livello d'istruzione di un parlante potrà dipendere anche (ma non è detto che lo sia) dalla classe sociale cui egli appartiene e, indirettamente, dalla professione svolta dai genitori da cui, a sua volta, può dipendere la condizione economica del nucleo famigliare di appartenenza. I vari assi di variazione tendono poi a incrociarsi uno con l'altro, pertanto fattori di variazione diastratica possono intersecarsi, ad esempio, con fattori di variazione diafasica: un parlante maggiormente istruito avrà a propria disposizione un ventaglio più ampio di soluzioni linguistiche per la realizzazione dei propri scopi comunicativi nei propri domini o nelle situazioni comunicative in cui si trova immerso. Al contrario, un parlante meno istruito avrà a propria disposizione una minor conoscenza sia della lingua standard ma anche una minore padronanza, ad esempio, di linguaggi settoriali relativi a specifici campi del sapere umano, vedendo così ridotte le proprie possibilità comunicative ed espressive.
La variazione diafasica è quella variazione linguistica che si verifica in dipendenza da fattori inerenti il contesto della comunicazione e il suo dominio, nonché dagli scopi della comunicazione stessa dal punto di vista dei parlanti che vi partecipano. Essa si colloca sull'asse della maggiore o minore formalità della lingua con variazioni che riguardano soprattutto il registro linguistico (formale o informale).
La variazione diafasica è quella variazione linguistica che si verifica in dipendenza da fattori inerenti il contesto della comunicazione e il suo dominio, nonché dagli scopi della comunicazione stessa dal punto di vista dei parlanti che vi partecipano. Essa si colloca sull'asse della maggiore o minore formalità della lingua con variazioni che riguardano soprattutto il registro linguistico (formale o informale).
La variazione linguistica che avviene in diatopia, ovvero dipendente da fattori di tipo geografico, è detta variazione diatopica. Nel caso dell'italiano, ad esempio, oltre alla lingua standard fissata dai grammatici e parlata o utilizzata per lo più in situazioni formali e ufficiali (discorsi pubblici, esami universitari, libri di testo) esistono diverse varietà di italiano regionale oltre ai diversi dialetti. Un esempio di variazione diatopica riguardante l'italiano è il differente uso che, del tempo verbale del passato remoto, viene fatto dai parlanti del nord e del sud Italia.
La variazione linguistica che avviene in diatopia, ovvero dipendente da fattori di tipo geografico, è detta variazione diatopica. Nel caso dell'italiano, ad esempio, oltre alla lingua standard fissata dai grammatici e parlata o utilizzata per lo più in situazioni formali e ufficiali (discorsi pubblici, esami universitari, libri di testo) esistono diverse varietà di italiano regionale oltre ai diversi dialetti. Un esempio di variazione diatopica riguardante l'italiano è il differente uso che, del tempo verbale del passato remoto, viene fatto dai parlanti del nord e del sud Italia.
La variazione linguistica è una proprietà comune a tutte le lingue naturali che consiste nella possibilità, che queste hanno, di variare, sia reciprocamente sia rispetto a un ipotetico standard, in base a certi fattori, per lo più di tipo sociale: classe sociale del parlante, livello d'istruzione, classe generazionale, sesso o genere. Oltre a questi tipi di fattori, che fanno parlare quindi di variazione diastratica, una lingua, parlata o scritta, può variare in base a: mezzo utilizzato per la comunicazione (variazione diamesica), situazione comunicativa, dominio o scopi della comunicazione (variazione diafasica), origine geografica del parlante (variazione diatopica).
La variazione linguistica è una proprietà comune a tutte le lingue naturali che consiste nella possibilità, che queste hanno, di variare, sia reciprocamente sia rispetto a un ipotetico standard, in base a certi fattori, per lo più di tipo sociale: classe sociale del parlante, livello d'istruzione, classe generazionale, sesso o genere. Oltre a questi tipi di fattori, che fanno parlare quindi di variazione diastratica, una lingua, parlata o scritta, può variare in base a: mezzo utilizzato per la comunicazione (variazione diamesica), situazione comunicativa, dominio o scopi della comunicazione (variazione diafasica), origine geografica del parlante (variazione diatopica).
La sociolinguistica è una disciplina ponte che si colloca a metà strada tra sociologia e linguistica. Il suo compito infatti è quello di porre in relazione e indagare i rapporti che intercorrono tra i tratti sociali dei parlanti e il repertorio linguistico da essi posseduto. L'assunto base e fondamento di questa disciplina è che nessuna entità linguistica è un blocco monolitico omogeneo, e quindi tutte le lingue naturali presentano diversi gradi di stratificazione o differenziazione legati a fattori extralinguistici: genere o sesso del parlante, collocazione sulla scala sociale, livello d'istruzione, contesto della comunicazione. Uno dei concetti base della SL è infatti quello di variazione linguistica.
La sociolinguistica è una disciplina ponte che si colloca a metà strada tra sociologia e linguistica. Il suo compito infatti è quello di porre in relazione e indagare i rapporti che intercorrono tra i tratti sociali dei parlanti e il repertorio linguistico da essi posseduto. L'assunto base e fondamento di questa disciplina è che nessuna entità linguistica è un blocco monolitico omogeneo, e quindi tutte le lingue naturali presentano diversi gradi di stratificazione o differenziazione legati a fattori extralinguistici: genere o sesso del parlante, collocazione sulla scala sociale, livello d'istruzione, contesto della comunicazione. Uno dei concetti base della SL è infatti quello di variazione linguistica.
La psicolinguistica è una disciplina ponte che si colloca a metà tra psicologia e linguistica. Inizialmente nacque come psicologia del linguaggio, e ancora oggi questa locuzione viene utilizzata per accentuare l'approccio psicologico della disciplina e per evidenziare la predominanza della psicologia sulla linguistica per quanto riguarda alcuni approcci e metodologie di studio. Tra le cose di cui si occupa vi sono: lo studio dei processi cognitivi che sottendono all'apprendimento, allo sviluppo e all'utilizzo del linguaggio verbale umano. Lo studio dei problemi del linguaggio legati a cause neurologiche o psicologiche (ad es. l'afasia). Lo studio delle implicazioni e degli effetti psicologici e comportamentali determinantisi a partire dall'utilizzo del linguaggio verbale durante la comunicazione. In questo caso si parla, più propriamente, di psicolinguistica.
La psicolinguistica è una disciplina ponte che si colloca a metà tra psicologia e linguistica. Inizialmente nacque come psicologia del linguaggio, e ancora oggi questa locuzione viene utilizzata per accentuare l'approccio psicologico della disciplina e per evidenziare la predominanza della psicologia sulla linguistica per quanto riguarda alcuni approcci e metodologie di studio. Tra le cose di cui si occupa vi sono: lo studio dei processi cognitivi che sottendono all'apprendimento, allo sviluppo e all'utilizzo del linguaggio verbale umano. Lo studio dei problemi del linguaggio legati a cause neurologiche o psicologiche (ad es. l'afasia). Lo studio delle implicazioni e degli effetti psicologici e comportamentali determinantisi a partire dall'utilizzo del linguaggio verbale durante la comunicazione. In questo caso si parla, più propriamente, di psicolinguistica.
Una glossa è una nota esplicativa a margine riguardante un certo termine o espressione. L'origine della parola è naturalmente la stessa di glossario. Presso gli antichi Greci indicava un'espressione oscura nel significato e di difficile comprensione, che necessitava pertanto di ulteriori chiarimenti e delucidazioni. Un glossario è, di fatto, una raccolta di glosse, ovvero di definizioni di termini specifici.
Una glossa è una nota esplicativa a margine riguardante un certo termine o espressione. L'origine della parola è naturalmente la stessa di glossario. Presso gli antichi Greci indicava un'espressione oscura nel significato e di difficile comprensione, che necessitava pertanto di ulteriori chiarimenti e delucidazioni. Un glossario è, di fatto, una raccolta di glosse, ovvero di definizioni di termini specifici.
Un glossario è una raccolta, in ordine alfabetico, di vocaboli inerenti una particolare materia o argomento. La sua origine etimologica è da ricollegarsi al termine glossa, che in gr. antico significava "lingua". Solitamente si trova al termine di un libro o di un volume che tratta di uno specifico argomento, e ha lo scopo e la funzione di aiutare il lettore ad orientarsi in un campo specialistico del sapere umano potenzialmente per lui oscuro e sconosciuto. Consiste, nella maggior parte dei casi, in una raccolta di termini tecnici e/o scientifici.
Un glossario è una raccolta, in ordine alfabetico, di vocaboli inerenti una particolare materia o argomento. La sua origine etimologica è da ricollegarsi al termine glossa, che in gr. antico significava "lingua". Solitamente si trova al termine di un libro o di un volume che tratta di uno specifico argomento, e ha lo scopo e la funzione di aiutare il lettore ad orientarsi in un campo specialistico del sapere umano potenzialmente per lui oscuro e sconosciuto. Consiste, nella maggior parte dei casi, in una raccolta di termini tecnici e/o scientifici.
Il termine glottologia significa letteralmente "studio del linguaggio", quindi esso può essere utilizzato come equivalente e come sinonimo di linguistica. L'origine della parola è simile infatti a quella di "glossario", giacché il prefisso "glotto" deriva dal gr. antico "glossa", che significa, appunto, "lingua". Talvolta il termine glottologia viene utilizzato in un'accezione più specifica, indicando lo studio storico, e quindi diacronico, della lingua in esame. Essendo però che i vari campi della linguistica operano spesso in maniera concorrente sovrapponendosi, esso può essere tranquillamente utilizzato come sinonimo di "linguistica", tant'è che il glottologo stesso è, di fatto, un linguista.
Il termine glottologia significa letteralmente "studio del linguaggio", quindi esso può essere utilizzato come equivalente e come sinonimo di linguistica. L'origine della parola è simile infatti a quella di "glossario", giacché il prefisso "glotto" deriva dal gr. antico "glossa", che significa, appunto, "lingua". Talvolta il termine glottologia viene utilizzato in un'accezione più specifica, indicando lo studio storico, e quindi diacronico, della lingua in esame. Essendo però che i vari campi della linguistica operano spesso in maniera concorrente sovrapponendosi, esso può essere tranquillamente utilizzato come sinonimo di "linguistica", tant'è che il glottologo stesso è, di fatto, un linguista.